martedì 26 aprile 2016

CASE PERDUTE

CASE PERDUTE
   
Circa 4 anni fa, provai a scrivere una sceneggiatura per un corto da girare in un paese molisano, poi il progetto che dovevo realizzare con due amici non vide la luce. Questa storia, immaginata per il cinema potrebbe essere anche un soggetto teatrale :
RACCONTO: Case perdute

SCENEGGIATURA PER LA REALIZZAZIONE DI UN CORTO.
PRIMO CAPITOLO : LA LEGGENDA DEL LUPO
1 ^ scena (ambientazione anni 70). Esterna. Pomeriggio. Un gruppo di ragazzi, sbuca da una scalinata in pietra in un paese del Molise, scendono le scale di corsa, uno di loro si ferma, vicino ad un piccolo spiazzo, dove altri bambini, giocano a coccitelli, venite, venite andiamo a sentire le storie di Za teresina la strega!!!, un bambino si alza e dice vengo con voi, una bambina, si mette con le braccia conserte e dice :” Io non vengo, ho paura di quelle storie”, gli altri ridono, poi proseguono la loro corsa, giunti vicino ad una abitazione bussano al “battente?” della porta, dopo alcuni istanti una vecchina dall’aria simpatica e dal fare stravagante apre la porta e invita i bambini dentro, quelli si accomodano vicino al camino, come in un rituale, mentre il fuoco scoppietta ardendo la legna, Za Teresina prende da un vassoio delle caramelle e le porge ai suoi ospiti ed esclama “Allora, qiuale storia volete sentire oggi?” un bimbo vispo dice :” Il Barile”, un altro dice “Quella del lupo mannaro!!” La za, si siede su una sediolina piccola e comincia a raccontare:
(La narrazione e i dialoghi dovranno essere tradotti in dialetto per dare un tocco realistico alle scene. Possono essere usati anche i sottotitoli in italiano)
Za : C’era una volta un giovane contadino malato di licantropia, quel poveraccio aveva avuto la sfortuna di nascere la notte di Natale. Era sempre riuscito a tenere segreto quel suo male a tutti. Ma, un giorno di primavera, mentre stava con la moglie in campagna iniziò ad avvertire i primi sintomi della mutazione. Chiamò la moglie vicino a lui e gli disse che avvertiva molto caldo e andava a bere l’acqua ad un ruscello là vicino. Gli disse di stare attenta alle bestie selvatiche e nel caso dovesse arrivare un lupo gli spiegò come difendersi, disse : “arrampicati su un albero e se quello ti insegue buttagli il tuo scialle”poi scappò verso il ruscello, appena vi giunse iniziò a trasformarsi, la sua faccia sembrava quella di un cane selvatico, si stracciò di dosso la camicia mostrando una folta peluria….era un lupo mannaro!!!!
Iniziò a correre per i campi, con la bava alla bocca e urlando come un ossesso. La moglie, poco distante, sentendo quelle urla, si ricordò quello che le aveva detto il marito e di fretta si arrampicò sull’albero più vicino, meno male, perché poco dopo sotto l’albero apparve un essere bestiale, una specie di lupo che rabbiosamente cercava di salire sull’albero. La poveretta rammentò le parole del marito e fece cadere il suo scialle ai piedi dell’albero, il lupo così cominciò ad azzannare quel panno, riducendolo in mille pezzi, poi a piccoli passi, sparì dietro al bosco. Dopo qualche minuto tornò il marito in carne ed ossa e la poverina, scese dall’albero e corse ad abbracciarlo, mentre lo guardava negli occhi notò, tra i suoi denti i pezzi del suo scialle. Improvvisamente capì che lui era un Lupo Mannaro e per lo spavento morì.
Secondo CAPITOLO : Il Trasferimento
2^ scena - interna :
ambientazione Anni 70, La protagonista della storia, all’epoca, era una bambina, la telecamera la inquadra seduta ad una scrivania, nella casa (abitata è arredata - vedi descrizione casa per ricostruzione luogo), mentre disegna l’immagine di un lupo.
Nella stanza affianco, si ode un brusio ( si sentono passi, rumori di piatti, ed un vociare soffuso), La telecamera stacca, la scena si riapre nel soggiorno, con il dialogo tra i genitori :
3^ scena – interna :
La madre, una donna robusta, con in mano una tazza di caffè fumante lo porge al marito, mentre lui guarda altrove, attraverso il vetro del balcone o della finestra :
LA MADRE : “fa ancora quel disegno, sempre lo stesso”
IL MARITO : dopo un sospiro ”tra qualche giorno si parte, zio Govanni ieri mi ha detto di andare a ritirare i documenti
LA MADRE :” Io ho preparato quasi tutto, mancano solo le ultime cose da aggiungere alle valige.”
Terzo CAPITOLO : IL RITORNO
4^ scena - esterna:
La protagonista, una donna sui 50, ancora molto bella, con indosso un vestito rosso lungo, cammina tra i vicoli di un paese molisano, l’inquadratura va sulle viuzze e sulle case attraversati dall’attrice, lei continua a camminare, la gente sembra non fare caso al suo passaggio.
Una voce (OFF) narrante recita:
Le case sono luoghi simbolici preziosi, anche se vuoti, anche se lontani. L’importante è che esistano. Già passarci vicino, ogni tanto, può essere confortante, perché sembra che non tutto il passato sia perduto.
CAPITOLO QUARTO: LA CAMPANA
5^ scena esterna – (anni 70)In un piccolo spiazzo, tra le scalinate di un paese molisano, siamo all’imbrunire:
Telecamera sui bambini che giocano alla campana, poi si fermano, arriva un altro bimbo con le vivande, si siedono sulle scale dei vicoli del paese, bevono coca cola, chinotto e gassosa, e raccontano storie di paura:
BAMBINO A : “ Stanotte, c’è la luna piena, qualcuno si trasformerà, meglio non uscire di casa !!”
BAMBINO B: “ Io non ho paura, mi porto una torcia e se lo vedo gli punto la luce in faccia, cammino sempre vicino ai lampioni così se mi insegue, mi arrampico.
BAMBINO C “ Io in tasca ho sempre con me un ferro (lo mostra e si avvicina ad un altro bambino), mio nonno ha detto che se uno lo punge(mima il gesto verso l’altro), il lupo mannaro si calma(fa finta di essere il lupo e mima la scena baciando l’altro bimbo), si accosta pian pianino al suo liberatore e lo chiama compare, baciandolo(tutti ridono).
BAMBINA D” io so che per liberarlo, bisogna buttargli avanti una mappa (panno) rossa di lana, così lui la riduce in pezzettini piccoli piccoli e poi si calma”.
BAMBINO A “ Dice zio Michele, quel mio zio di Bonefro, che per salvarsi dal lupo-mannaro bisogna arrampicarsi sulle scale perché “u lupemenare non può salire più di tre scalini”.
(La narrazione e i dialoghi dovranno essere tradotti in dialetto per dare un tocco realistico alle scene. Possono essere usati anche i sottotitoli in italiano)
CAPITOLO CINQUE: UN TRAGICO ABBRACCIO
6^ scena - esterna (anni 50) :
Siamo in un giorno di marzo, verso l’imbrunire, un contadino si trova con la consorte in campagna tra alberi d’ulivo per lavorare. l’uomo tutto a ad un tratto inizia a non sentirsi bene…
IL CONTADINO DICE ALLA MOGLIE :
”Sono molto stanco per il duro lavoro; ho bisogno di bere un po’. Aspettami un attimo da sola che vado a dissetarmi presso il ruscello qua vicino. Stai attenta, però; potrebbe assalirti qualche bestia feroce venuta dal bosco. Se senti arrivarne una, mettiti in salvo salendo sul più vicino albero. Se si tratta d’un lupo, puoi difenderti dai suo morsi lanciandogli tra le fauci il tuo scialle. L’animale lo morderà e poi andrà via”.
LA MOGLIE: lo guarda sbigottita e annuisce con un gesto del capo.
IL CONTADINO si allontana in fretta. Svanisce alla vista della moglie e dietro una selva inizia ad accusare dolori forti all’addome, che lo fanno gridare come una bestia feroce.
LA MOGLIE, poco distante ne sente le urla, sembrano veri e propri ululati di lupo, allora in preda al panico si rifugia impaurita sul più vicino albero.
Dopo qualche istante di pausa, riappare il contadino, La moglie lo scorge, confortata dal suo arrivo scende dall’albero e corre ad abbracciarlo, sollevata per lo scampato pericolo.
La telecamera inquadra questo abbraccio romantico e tragico allo stesso momento, poiché, la donna forse per lo spavento precedente o per una tragica fatalità, muore tra le braccia del marito.
(La narrazione e i dialoghi dovranno essere tradotti in dialetto per dare un tocco realistico alle scene. Possono essere usati anche i sottotitoli in italiano)

CAPITOLO 6 : CASE PERDUTE
7^ scena: esterna - notturna Inquadratura della porta d’ingresso della casa, la porta si apre verso l’esterno, la telecamera inquadra la protagonista, mentre esce, si ferma sull’uscio, guarda la luna, i suoi occhi si illuminano, lei si sposta come per andare via, la telecamera rimane fissa, come scompare l’immagine della donna, la telecamera inizia a muoversi entra nella casa vuota, inquadrerà le stanze mentre la voce (OFF) narrerà:
Molto tempo fa, in un giorno degli anni 50, molti lupi spinti dalla fame, provenienti dai monti innevati circostanti, si avvicinarono in cerca di cibo al paese, fu in quel giorno che mia nonna morì, ebbe un infarto, proprio mentre stava nei campi con nonno. Di mio nonno tutti dicevano che lui era un lupo mannaro, avevano paura, e raccontavano storie di terrore sulle sue mutazioni in lupo. Per la mia famiglia, il vero lupo arriverà qualche anno più tardi, il suo nome era disoccupazione, fame e povertà, dovemmo partire di fretta, in cerca di fortuna, ricominciare in un altro luogo , abbandonando la tanta amata casa.
CAPITOLO 7 : IL LUPO
8^ scena – esterna - notturna :
La protagonista, dopo essere uscita dalla casa, è giunta davanti al cancello di un vecchio cimitero, la telecamera la riprende di spalle, mentre ,varca l’ingresso, poi molto delicatamente, si china verso una tomba, nella terra, una croce di legno, con il nome del morto, un uomo nato il 25 dicembre 1899, morto il …... E’ la tomba del nonno, il lupo mannaro. La donna, si alza, e mestamente, con un volto finalmente sereno, si dirige verso un'altra lapide, giuntavi, la sua immagine svanisce. (Fine) oppure: La lapide, ora viene inquadrata è quella di una donna nata il 25 dicembre 1960, morta il ………. E’ questa la tomba della nostra protagonista.
9^ scena – esterna – frammenti di immagini girate in varie fasi del giorno, imbrunire, notte, alba, sole, pioggia, anche con riprese dall’alto, sempre delle case dirute del paese, prima che iniziano a scorrere i titoli di coda( che andranno sempre sulle stesse immagini,La voce narrante (OFF) reciterà :” quante case non vivono più, quanti di noi volevamo vivere qui,ecc. ecc.
FINE
Descrizione della casa, utile per la costruzione del set:
La casa è in pietra, situata nel centro storico di un paese molisano. Era l’abitazione della famiglia della protagonista , dove ha vissuto da piccola, insieme alla madre al padre ed il nonno materno. La casa è su tre piani, collegati da ripidissime scalinate. Nel più basso c’è un complicato sistema di cantine. Depositi usati dal nonno per le sue attività, sartoria poi alimentari e poi cartolibreria. Ci sono ancora risme di carta, scatole e bruttissime cartelle. C’è una grande cucina con camino, tavolo, lavandino abitato da formiche, e piccolo retrocucina con oggetti strani, come catini e brocche per lavarsi alla svelta. In una camera sopra al letto campeggia la foto dei bisnonni che sorvegliano dall’alto.
L’ambientazione : sono i borghi molisani, con le loro case in pietra, i vicoletti, le loro campagne con gli ulivi, i loro boschi rigogliosi e i monti innevati a fare da cornice.
Idee per il cast :
Perché il Lupo mannaro : “ Per chi,come me è cresciuto in un paese negli anni 70, dove in tv davano al massimo un cartone animato o due, non c’erano i computer e i videogiochi di oggi, si giocava a coccitelli, a mazz e piuz, si ascoltavano le storie e le leggende locali, raccontate dai bambini più grandi per impaurirti, o dai nonni per addormentarti. Quando la sera, si tornava a casa, dalla piazza, ogni rumore ti faceva pensare ai fantasmi o ai lupi.
Massimiliano Sprovieri

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