martedì 26 aprile 2016

DELITTO SUL TRASIMENO

delitto sul trasimeno
DELITTO SUL TRASIMENO

Era da poco scesa la sera sul Trasimeno. Eravamo reduci dalla battaglia con vespe, calabroni, libellule grosse come elicotteri: ogni sorta di insetti aveva attaccato le nostre carni arrossate dal sole di luglio e noi avevamo lottato con le mani, con dei ceppi di legno, con la gazzetta dello sport che aveva perso l’uniforme color rosa e ora recava delle macchioline simili a fiori rossi con zampettine in rilievo ancora mobili al vento. Ora arrivavano orde di moscerini che nelle narici e negli occhi cercavano passaggi improbabili, e noi a rifugiarci in acqua, noi, esausti guerrieri dalle bocche riarse, con graffi di ortiche incontrate tra i cespugli prima della vista del grande lago.
Sapevamo che esistevano dei lidi sul Trasimeno, ma sapevamo che lui poteva cercarci lì. Lo sapevo io e anche Michele e Fausto, gli altri due guerrieri in fuga dai moscerini e dagli altri insetti che conoscevano il suo segreto e che aspettavano ogni notte che sorgesse il sole, sperando di non trovare quei segni sul corpo.
 La notte prima, a casa di Angie, la civetta non aveva mai smesso di inneggiare al suo Dio e Michele, sceso in giardino a fumare una sigaretta, seduto sulla seggiola all’incontrario aveva visto il lampo accecare i suoi occhi e per 30 secondi quell’immagine del bambino mutilato che corre in mezzo al grano, con il sangue che sgorga dalle braccia e quel suono, quella nota stridula ripetuta ad infinitum come un allarme. Poi la civetta aveva smesso e lui era tornato al lettone che divideva con me e Fausto. Ma poi trascorsa la notte, ecco sul corpo di Michele quei segni. Alle 9 eravamo tutti in giardino a fare colazione. Angie con quel suo viso da angelo e quella seducente sottoveste nera parlò dell’altro. Ci disse che l’aveva visto la sera prima tra i vicoli di Todi. Nessuno sapeva il suo nome, era però da circa due anni che fuggivamo da lui, dai suoi occhi ipnotizzanti e dalla sua bocca dai denti felini. Angie disse che portava ancora i capelli lunghi e come ogni volta che incontrava uno di noi, quando l’aveva vista aveva riso e, socchiudendo un occhio, aveva aperto la bocca mostrando la sua saliva verdastra e melmosa come l’acqua del lago e poi aveva sputato in terra.

Due anni prima, eravamo in Toscana dalle parti di Arezzo, ad una rassegna Blues stavamo suonando una cover “Me and the Devil”, di Robert Johnson, quando, nel buio della sala, era apparso per la prima volta, con quella risata terrificante e quell’odore di lago addosso che sparse per tutta la sala. I nostri strumenti cambiarono suono: cominciò la chitarra a capovolgere la scala del pezzo in corso suonandola al contrario. Michele ci guardava e non capiva cosa stesse accadendo alla sua stratocaster. Poi toccò alla batteria di Fausto che, dal ritmo blues, passò a una specie di marcia di guerra tempo ¾ e infine il mio basso cominciò a suonare un cupo sound ed io a cantare quella maledetta canzone:

La mia band … suona sulle casse di whisky …..
da dda da da dda dda!!! Jimmy ha trovato la sua band …
hha hha hha haaa!!! Le chitarre suonano da sole …
senza braccia suona Jimmy il bambino … da dda ddaa…
la batteria rallenta …tum tu tumm.. nella memoria lampi accecano i ricordi … ha ha hhha!!
Jimmy Jmmy corre nel grano e disegna la strada col sangue che cola!!
Sha la lla sha lla da dda da dda ……. uuuuuuuhhhhhhhhmmmmmmm!!
Volevamo tutti qualcosa …
 volevamo bere e mangiare quando scoprimmo di avere la peste …
Ballammo  tra gli uragani fra carcasse di animali infetti …
Danzammo macabri tra le stive in mezzo ai topi ed ora …
 Jimmy ha trovato la sua band!
È uscito dal lago e ha trovato la sua band! Ha ha ha nanahahhh!
Jimmy correva nel grano rosso, fuggendo da lei…
Ma ora Jimmy ha trovato la sua band e vuole vendetta…
 è uscito dal lago e vuole vendetta…

Quando finimmo il pezzo nella sala regnava il terrore, nessuno riusciva a capire che cosa fosse successo. Come avevo potuto cantare quella cosa orribile?! Angie che era seduta in prima fila fu l’unica ad applaudire e anche la prima a scoprire i segni sul corpo. Ricordo ancora quelle grida disumane intorno alla casa di Angie, quando a notte fonda scaricammo dal minivan gli strumenti indemoniati, e lei che rideva delle nostre facce pallide, scimmiottando quella nostra strana canzone. Quando finalmente entrammo in casa, ricordo che mi sentii sollevato. Dopo pochi minuti dormivamo tutti e quattro. Poi, al mattino nella casa, tutto quel disordine e quell’odore di animali. Cos’altro era successo ? nessuno lo ricordava. Ci mettemmo tutti una pietra sopra e per un po’ lasciammo il lago.


Ed ora che si fa ? disse Fausto a me e Michele ; eravamo tutti e tre nel lago con migliaia di moscerini a danzare intorno a noi. Io volevo una bistecca al sangue, volevo mangiare della carne e bere del buon vino rosso, ero stanco di nascondermi nel lago e lo dissi agli altri due guerrieri.
Uscimmo dall’acqua, io raccolsi la gazzetta insanguinata e dopo esserci asciugati, decidemmo di cercare una trattoria. Dopo aver salito la montagna, scorgemmo in lontananza una casa di legno e sopra la porta d’ingresso l’insegna “Trattoria”. Era fatta!, finalmente potevamo gustarci una sanguinosa bistecca senza moscerini. Dopo qualche centinaia di passi, entrammo dal cancello aperto.
Davanti all’ingresso della casa in legno, v’era una piscina meravigliosa davanti al lago che brillava sotto la proprietà ed ora davanti ai nostri occhi, incantati dalla sua bellezza. Nella piscina non si rifletteva il cielo, ma il lago. Rimanemmo in contemplazione, Fausto battè il tempo con le mani ¾ tam tumm tum tamm !!! e poi quella nota, ad infinitum, dal lago.
 Nella casa c’era una donna anziana che, quando scorse michele arrivare, disse che aspettava da anni la nostra visita : finalmente poteva conoscere gli amici di Jimmy. Poi ci chiese di seguirla. Scendemmo una scalinata e giungemmo in una cantina. Qui scorgemmo dei macchinari strani  che sembravano strumenti antichi di tortura. Dove eravamo? La donna ci disse di sedere su alcune casse di legno e di attendere…noi eravamo terrorizzati e rimanevamo immobili incapaci di prendere iniziative. Eravamo come animali predestinati. Dovevamo scappare!! Ma rimanevamo lì.
 Dopo qualche minuto lei ci portò della carne e un paio di bottiglie di un liquido scuro. Come degli automi cominciammo a mangiare mentre lei, seduta di fronte a noi fissava un punto alle nostre spalle, un punto preciso della parete. Versai nei bicchieri il liquido : era sangue, e lo bevemmo  di un fiato tutti e tre. Eravamo in suo potere ora. La carne era al sangue, proprio come piace a me, ma aveva uno strano sapore dolciastro. Dopo il pasto le chiesi di Jimmy. Lei si alzò e scomparve dietro ad una tenda enorme che sembrava una vela di un’imbarcazione e che portava chissà dove.
Dopo qualche istante udimmo dei rumori avvicinarsi a noi, come delle ruote di una carrozza. Lei scostò la tenda e comparve lui su una sedia a rotelle e lei che lo spingeva verso di noi. Appena incontrò il mio sguardo rise e sputò socchiudendo un occhio e sputando melma dalla bocca, voltò lo sguardo verso gli altri due, rise ancora, e sputò altro liquido verdastro dalla bocca.
Ridemmo tutti e cantammo quella canzone maledetta mentre la donna continuava a fissare quel punto nella parete. Un punto preciso nella parete, dove i miei occhi non riuscivano a fermare lo sguardo e dove lei continuava a rimanere con i suoi occhi.
Poi ci scolammo altre bottiglie di quel liquido, mentre la donna rimaneva immobile. Sembrava sempre più giovane, forse da quel punto traeva una misteriosa energia, sembrava un antica Regina e noi l’adoravamo. Era mezzanotte quando uscimmo dalla casa. Eravamo felici e sazi, avevamo bevuto insieme al  nostro incubo e lui aveva ritrovato la sua Band.

Fuori dalla proprietà a pochi metri c’erano delle auto della Polizia con il lampeggiante acceso : degli uomini in divisa puntavano le armi verso di noi ed in terra giaceva un corpo dilaniato di una donna bellissima.
 Era Angie!!. Vestita con brandelli di un abito da sera bianco.
Bianco come il suo viso dove, erano rimaste segnate tre lacrime scure.
Dopo qualche ora al Commissariato, io cercai di spiegare ciò che era accaduto. Il Commissario mi fece sedere nella sua macchina ammanettato ad un altro Poliziotto e mi portò in quella Trattoria maledetta. Entrammo, ma dentro era tutto diverso : al tavolaccio sedeva una comitiva di baldanzosi tedeschi ubriachi e la proprietaria era una giovane donna.
 Nella cantina sottostante, solo botti di rovere e una carrozzina a rotelle.




                                                   F I NE

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