martedì 26 aprile 2016

PER SCRIVERE UN RACCONTO

PER SCRIVERE UN RACCONTO
(alcune considerazioni da quelle di Julio Cortàzar).
A cura di Massimiliano Sprovieri.


1)       Credi nel Maestro – Poe , Maupassant, Kipling, Cechov - come in Dio stesso.
2)       Pensa alla tua arte come a una vetta inaccessibile. Non sognare di dominarla. Quanto potrai farlo, ci riuscirai, senza neanche accorgertene.
3)       Resisti quando puoi all’imitazione, ma imita, se l’influsso è troppo forte. Più di qualsiasi altra cosa, lo sviluppo della personalità è una scienza.
4)       Abbi cieca fede non nelle tue capacità di trionfo, ma nell’ardore con cui lo desideri. Ama la tua arte come la tua ragazza, con tutto il cuore.
5)       Non iniziare a scrivere senza sapere fin dalla prima parola dove andrai a finire. In un racconto ben fatto le prime tre righe hanno quasi la stessa importanza delle tre ultime.
6)       Se vuoi esprimere con esattezza questa circostanza : “ dal fiume soffiava un vento freddo”., non esistono in nessuna lingua al mondo, più parole di quelle annotate. Una volta padrone delle parole, non ti preoccupare se siano consonanti o assonanti.
7)       Non aggettivare senza necessità. Inutili saranno tutti gli strascichi che tu aggiunga a un sostantivo debole. Se troverai quello preciso, esso, da solo, avrà un colore incomparabile. Ma bisogna trovarlo.
8)       Prendi i personaggi per mano e conducili con fermezza fino alla fine, senza badare ad altro che al cammino che gli hai tracciato. Non ti distrarre vedendo ciò che essi non possono o non sono interessati a vedere. Non abusare del lettore. Un racconto è un romanzo depurato di pleonasmi. Abbi questa verità per assoluta, quantunque non lo sia.
9)       Non scrivere sotto il dominio dell’emozione. Lasciala morire, e quindi evocala. Se sarai capace, allora, di riviverla come fu, sari a metà strada del cammino dell’arte.
10)   Non pensare agli amici quando scrivi, né all’impressione che farà la tua storia. Racconta come se la narrazione non avesse interesse che per il circoscritto ambiente dei tuoi personaggi, uno dei quali avresti potuto essere tu. Non altrimenti si ottiene la vita nel racconto.
                      Manuale del perfetto scrittore di racconti di Horacio Quiroga – El Hogar – 10 Aprile 1925.

Per fortuna la creazione spontanea precede sempre l’esame critico, così da non scoraggiar chi allo scrivere racconti si vuole dedicar..
 Dando questo punto per certo e  proseguendo nel cammino della “nostra scrittura”, dobbiamo però tenere a mente alcune regole fondamentali (tema significativo, intensità, tensione.), che se rispettate,  in parte potranno aiutarci nella stesura di  un buon racconto.
 Vorrei partire ancora più da lontano e, sempre secondo le considerazioni del “Maestro”, Julio Cortàzar, fare alcune riflessioni utilizzando dei paragoni analogici :

A)      Romanzo = Cinema.--B) Racconto = Fotografia.
1 (Domanda)._Ma a quale fotografia deve avvicinarsi il Racconto secondo Cortàzar ?
  2(Risposta)._Sicuramente a quella dei Surrealisti, (Vedi Bresson, Bressai.), che  ritaglia un frammento della  realtà, fissandogli determinati limiti, ma in modo tale che quel ritaglio agisca come un esplosione che apra su una realtà molto più ampia, come una visione dinamica che trascenda spiritualmente il campo compresso dell’obiettivo.

Il tema deve essere significativo, essere eccezionale, può essere dato da un evento reale o da uno  fittizio che, però contenga quella misteriosa proprietà di irradiare oltre se stesso, dovrà attrarre tutto un sistema di rapporti connessi.
Un buon tema è come un sole, un astro intorno al quale gravita un sistema planetario, del quale molte volte non si ha notizia, finchè lo scrittore di racconti, astronomo di parole, non ce ne rivela l’esistenza”. Julio Cortàzar.
Usando un altro paragone con il sistema atomico, il tema è il nucleo, gli elettroni i rapporti connessi.
Come si fa ad avere un tema significativo?
Secondo Cortàzar ciò che cerchiamo è dato da qualcosa che sta al di fuori del tema in se, da qualcosa che sta prima e dopo il tema. Quello che sta prima è lo scrittore, quello che sta dopo è il trattamento letterario del tema, il modo in cui lo scrittore di racconti, posto di fronte al proprio tema, lo aggredisce e lo situa verbalmente e stilisticamente, lo struttura in forma di racconto, e lo proietta, infine, verso qualcosa che eccede il racconto.

Ora che abbiamo ottenuto il “nostro tema significativo”, sarà “sufficiente scriver”, con uno stile basato sulla intensità e la tensione.
L’intensità è molto importante poiché come dice quello scrittore argentino appassionato di Boxe…:
“ In quella lotta che si instaura fra un testo appassionante e il suo lettore, il romanzo vince sempre ai punti, mentre il racconto deve vincere per Knock out”.
Stilisticamente, suggerisce Cortàzar, per creare l’intensità necessaria, bisognerà, eliminare tutte le idee o le situazioni intermedie e tutti i riempitivi o le frasi di transizione proprie del romanzo.
In quanto all’atmosfera, alla tensione che deve crearsi intorno al racconto, questa deve essere avvolgente e penetrare nel lettore, per questo lo scrittore deve scrivere in modo teso e mostrare in modo intenso, deve esorcizzare o meglio, trovare l’ossessione, disfarsi al più presto della propria creatura, scrivendola.
Deve esserci quella tensione che, come in alcuni racconti con l’ossessione del predatore, diventa una presenza allucinante che, si installa fin dalle prime frasi per affascinare il lettore e fargli perdere contatto con la sbiadita realtà che lo circonda, per annullarlo in una emozione più intensa e dominante.

Molto importanti e quindi da tenere in considerazione sono i valori contenuti in una certa poesia e  in alcuni componimenti Jazz, ( tensione – ritmo – pulsazione interna), in una sola frase “l’imprevisto dentro parametri previsti”.

Cortazàr afferma di avere scritto i suoi racconti al margine della sua volontà, come se fosse un medium- attraverso il quale passasse e si manifestasse una forza estranea, e non a caso, quasi tutti i suoi racconti vengono definiti del genere fantastico, (per mancanza di un termine migliore).

“ Vivevo allora con mia madre. Era lei che preparava i pasti, ho sempre amato la sua cucina, che meritava tutta la mia fiducia. All’improvviso ho cominciato a notare che prima di mangiare, prima di ingoiare un boccone, lo guardavo attentamente perché avevo paura di trangugiare una mosca. Questo gesto mi metteva a disagio perché si ripeteva in modo ossessivo. Ma come uscirne? Naturalmente ogni volta che andavo al ristorante era ancora peggio. All’improvviso, una sera, me lo ricordo molto bene, all’imbrunire, stavo tornando dal mio lavoro, è sorta in me l’idea che stava accadendo qualcosa a Buenos Aires, nel quartiere di medrano, di Almagro, l’idea di una donna molto bella e molto giovane ma di cui tutti diffidano, che viene detestata e che si crede un po’ strega perché due dei suoi due fidanzati si sono uccisi.
Ho cominciato allora a scrivere quel racconto senza conoscerne la fine, come al solito. L’ho proseguito e l’ho terminato. Quattro o cinque giorni più tardi mi sono sorpreso a mangiare dalla pentola, e tagliare una parte di omelette e a mangiarla, senza la minima apprensione.
Il racconto mi è servito come esorcismo”. Julio Cortàzar nelle note su (CIRCE), racconto scritto tra il 1946 ed il 1948.





“ Ci sono uomini che in determinati momenti cessano di essere se stessi e la propria circostanza, c’è un ora in cui si desidera essere se stessi e l’inaspettato, se  stessi e il momento in cui la porta che prima e dopo dà sull’ingresso, si socchiude lentamente per lasciarci intravedere il prato dove nitrisce l’unicorno”. Josè Ortega y Gasset (1883-1955).









                                                                                                                                                             Massimiliano Sprovieri.

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